Siamo convinti di avere dei difetti insanabili, e diventano così parte di noi che quasi ci descrivono, da che abbiamo memoria.
I tuoi punti deboli, le certezze che hai su di te, possono suonare così:
Non sono portato per parlare in pubblico
Non sono fatto per diventare leader
Sono negato in cucina
Io, per esempio, ho vissuto tutta la mia infanzia e adolescenza con una forte consapevolezza:
Non sono brava in matematica. Non ci capisco nulla, è più forte di me.
“Sono fatta così”, mi dicevo.
Come un destino che non si può cambiare, i punti deboli diventano una marchiatura a fuoco e indicano cosa non “siamo”, invece di cosa non siamo portati a “fare”.
I tuoi punti deboli ti danno sicurezza
L’effetto paradossale è che, da lati di noi da temere, si trasformano in rocce a cui aggrapparsi, che ci danno sicurezza.
Io, ad esempio, non mi sono mai veramente impegnata a scuola per disconfermare il fatto di essere nata con un cervello che mi impedisce di apprendere qualsivoglia nozione di matematica. QUALSIVOGLIA.
Ricordo la preparazione per gli esami di maturità e lo stress causato dallo studiare nel dettaglio ogni nozione di storia, filosofia, inglese…ma matematica, no. Non ho mai aperto libro.
Tanto mi bastava: bollarmi come una persona che certe cose non può capirle mi ha aiutato a definirmi anche rispetto agli altri. E mi è anche servito per non mettermi veramente alla prova, e quindi non ho fallito. Perché non ci ho mai provato.
Prima di varcare la soglia per andare al patibolo ed essere interrogata dalla minacciosa commissione (ma non così minacciosa da togliermi le certezze sulla matematica), una mia amica mi ferma:
“Federì, almeno imparate ‘sta formula come funziona”
Nei suoi occhi leggo un misto di severità e compassione.
Rimango impietrita, e non potevo certo ignorare il suo gesto caritatevole.
Per la prima volta in 5 anni di liceo, mi trovo a non poter più glissare il problema e poi eventualmente copiare da qualcuno di quelli ai primi banchi.
La mia amica aveva ragione: presentarsi con la conoscenza di una formula totalmente random era sempre meglio della certezza di una scena muta.
Imparo il funzionamento della formula.
Mi chiedono proprio quella.
I nostri “sono fatto così” indicano di che cosa abbiamo paura
Mi è bastato entrare in relazione con quella formula e padroneggiarla per essere improvvisamente illuminata di una luce divina che mi ha proposto di iscrivermi a Scienze Matematiche e Fisiche. Ho avuto fiducia nel cammino segnato per me, ed ho poi conseguito la laurea magistrale in Finanza e creato nel tempo libero la mia personale moneta di bitcoin che prende il nome di “La Prescelta”. Sono stati anni memorabili: non sto qui a citare le numerose premiazioni ed ovazioni ad ogni mio passaggio, compreso quando andavo a fare la spesa sotto casa.
…
Questo sarebbe il finale da film, ma questo è un blog di vita vissuta, e quindi no, ho continuato a fuggire più lontano che potevo dalla matematica.
Oggi sono psicologa, tra qualche anno psicoterapeuta. Ma ho fatto la cassiera per un periodo, durante l’università.
E quindi tra un’operazione mentale e conteggi con le dita, sono diventata responsabile di quel punto vendita, in cui ho avuto a che fare con chiusure di conteggi mensili, ordini settimanali e giornalieri, chiusure di cassa e conti che dovevano tornare.
E sono sempre tornati.
Perché mi faceva così paura la matematica? Perché, quando ero studentessa, ho sempre pensato che chi potesse vantare il titolo di “Bravo” in queste materie così complesse, fosse veramente una persona intelligente. E io avevo paura di non essere all’altezza di questa onoreficenza, e quindi, per facile sillogismo, temevo di non essere abbastanza intelligente.
Mi toglievo da sola il dolore di una possibile disconferma di me stessa, mi tagliavo fuori da qualsiasi tipo di competizione. Preferivo avere il bollino di quella che “nemmeno ci prova”, rispetto a quella che “non ci arriva”.
E quindi non era la matematica che mi faceva paura, era che da adolescente non ho mai creduto veramente nelle mie capacità.
Non i tuoi “punti deboli” ma le tue “aree di miglioramento”
Alla fine ho fatto pace con i numeri.
Amplificando il concetto di punto debole, ci si può collocare in diverse sezioni. Un continuum di “debolezza” che va da “assolutamente da rivedere” a “ok, accettabile”.
E noi POSSIAMO muoverci in questa linea, possiamo raggiungere un grado di maggiore competenza.
Attraverso l’esperienza.
Questo ci pone di fronte ad un tema: mettersi in movimento per cambiare. Muoversi.
Da “io sono così” a “io posso essere così”.
Ok, oggi non è il tuo forte quello di parlare in pubblico. Quanto puoi diventare padrone della situazione?
Ok, come forma mentis non sono portata per la matematica e il calcolo veloce, ma quanto sono diventata più padrona e sicura di me in questi ambiti?
Permettiti di muovere l’1% al giorno per espandere la tua area di miglioramento.
Guardando indietro ti accorgerai di quanta strada ha fatto da quel “io sono così”.
Vi segnalo un altro mio articolo rispetto al tema del movimento e dell’uscita dalla propria zona di comfort (eh già, avrete capito che i nostri punti deboli possono fungere da comoda trapunta su cui fare sonni tranquilli): la zona di comfort cosa racconta di noi?
Se stai passando un periodo di forte stress, o sei confuso rispetto al tuo futuro (tanto da googlare e trovare i miei articoli) puoi parlarmene in un incontro online. Scopri i miei servizi.
Informazioni sull’autrice
Psicologa. Sono specializzata in benessere lavorativo e personale e il mio obiettivo professionale è quello di permettere alle persone di creare una vita a propria immagine e somiglianza. E quindi la propria realizzazione.