
Un passaggio obbligato
Immagino che se sei qua è perché ti sei posto questa domanda, ad un certo punto del tuo percorso professionale. E quello che ti sei sentito rispondere è stato sempre:
“Se non fai gavetta, non vai da nessuna parte”
Quindi, guai a lamentarsi!
Al pari dell’esortazione “Conosci te stesso” iscritta nel tempio di Apollo e Dafne, “Devi fare gavetta” sembra essere impressa fin dai tempi antichi in ogni ufficio del nostro bel paese.
Penso di aver imparato prima cosa voglia dire questo termine, piuttosto che che cosa volesse dire “andare a lavorare”. Passiamo tutta la vita a fare gavetta, prima di poter fare gavetta per davvero.
Però riusciamo comunque ad arrivarci col sorriso, forse perché di questi tempi è già questo un traguardo (un po’ di retorica populista, a volte, ci vuole).
E quindi esci dall’università, o forse anche da un master che è meglio non dire quanto è costato a te e alla tua famiglia. E finalmente ce l’hai fatta: hai varcato le soglie di quello che sembra un futuro brillante.
Ma…qualcosa non torna
“Gli uomini non sono saggi in proporzione all’esperienza quanto alla loro capacità di fare esperienza”
George Bernard Shaw
Ti fermi un attimo.
Ti coglie una folgorazione improvvisa. Un’epifania.
E rifletti che sul fatto che ormai sono passati 6 mesi, che è un tempo giusto per farsi l’idea di un lavoro. Eppure ancora non te la sei fatta.
Perché hai passato quei 6 mesi a cogliere insegnamenti tra gli archivi di fotocopie, reduce degli anni in cui il COVID-19 non aveva ancora portato con sé la rivoluzione digitale. E lì hai capito cosa vuol dire “organizzazione”.
Hai continuato a stringere i denti quando quel collega, non molto più senior di te, continuava a delegare il monitoraggio di qualche dato dalla dubbia importanza e dal sicuro tedio.
Casella dopo casella, lo hai fatto.
“Ora conosci i processi di base”, ti sei detto
Eppure quel diavoletto nella tua testa, figlio non riconosciuto della frustrazione, ti bussa sulla spalla e ti chiede:
“Ma tutto questo è REALMENTE formativo?”
Ma guai!
Sventoli la mano sulla spalla per scacciare il diavoletto e ripeti quello che hai sempre saputo: o così, o niente.
Al pari di un rito religioso, ognuno dovrà passare per la gavetta.
Ma esiste davvero una gavetta etica?
“Di tutte le esperienze che vivi, prendi in considerazione soltanto la saggezza che contengono.”
Mark Twain
(e quindi, quello che veramente ti stanno insegnando)
Esiste una gavetta che non copra sotto una coltre di ipocrisia il nonnismo dettato dalla gerarchia?
Esiste.
Cominciare dalle basi è fondamentale, ciò che fa la differenza. Anche osservare è imparare.
La gavetta ha un senso se incastrata all’interno di un piano di sviluppo, se mirata a rendere autonoma la risorsa. La gavetta è crescita, passa forse anche per la frustrazione, ma non è il cestino delle deleghe altrui.
Ed ha senso che la risorsa debba quindi stringere un po’ i denti, perché il tempo vola, e uno si ritrova tutto.
È bello pensare strategicamente, e sapere dov’è che poggi i piedi.
Se così non fosse, non è gavetta, è che sei in un team di furbacchioni.
Come riconoscere una buona gavetta?
“Prendi tempo per raccogliere il passato in modo che sarai in grado di imparare dalla tua esperienza e investirla nel futuro.”
Jim Rhon
Le aziende sono complesse, e se non sei un dipendente, lo è ancora di più entrare in una rete di professionisti, imparare il mestiere. Passare dalla teoria alla pratica.
E quindi, che caratteristiche ha una buon periodo formativo?
Mirata ad uno scopo
La gavetta permette di prendere confidenza e conoscere le basi del proprio lavoro, per costruire e rafforzare le fondamenta che accompagneranno lo sviluppo professionale da lì a per sempre. Ed è tanto più importante iniziare dalle basi, quanto più si vuole salire la scala gerarchica (o affermare la propria autorevolezza come professionista).
Questo non vuol dire, però, essere tediati con compiti che non richiedono un impiego delle tue principali qualità. Compiti unicamente routinari e ripetitivi.
- Quello che stai facendo oggi, ti sta ancora insegnando qualcosa?
- E questo qualcosa, è funzionale al tuo ruolo?
Se la risposta è “sì” nel primo caso e “no” nel secondo, probabilmente stai vedendo la realtà con gli occhi a cuoricino.
Progressiva
Ripetere le stesse attività ti ha reso un ninja. Uno specialista davvero ammirevole, e in così poco tempo!
Sì, però…
La tua maturità come professionista cresce di giorno in giorno, così come è opportuno che evolvano anche le attività che ti vengono assegnate.
Attenzione!
Non voglio dire che un ruolo debba essere in continua evoluzione, altrimenti sarebbe il caos. Parlo delle attività per cui ti è stato prospettato un percorso di crescita e acquisizione di autonomia.
- Sta effettivamente accadendo?
- Stai diventando responsabile di quei processi?
- Se no, in che tempi dovrà accadere? Cosa ancora devi imparare per procedere?
Tiene conto delle tue effettive capacità
A volte si crede che “bruciare le tappe” sia il male. In azienda è pieno di persone che hanno fatto “anni” di gavetta (questi parola “anni” di solito viene accompagnata dalla mano che fa dei giri vicino all’orecchio, come a voler dire “tanti che non hai idea”)
Ma deve essere così per tutti?
Il mondo del lavoro sta evolvendo, i giovani sono sempre più specializzati, sempre più smart. Forse non è il caso di avere dei tempi prestabiliti per tenere parcheggiata una risorsa di fronte a dei fogli excel da ordinare.
- Avresti le capacità per occuparti di altro?
- Come puoi dimostrarlo ai tuoi responsabili?
La gavetta è necessaria
“Il miglior modo per uscirne è sempre passarci attraverso.”
Robert Lee Frost
Quindi sì, la gavetta è un male necessario. Lo so, è spesso noiosa, a volte ti chiedi ma chi te lo fa fare. Ti lascio uno spunto di riflessione, che spero possa rispondere alla domanda: ho visto leader che non ci sono passati, e la differenza con chi invece conosce le fondamenta è notevole.
Il periodo di formazione permette di sviluppare non solo hard skills che poi farai fatica a recuperare, ma anche importanti soft skills. Prima fra tutte la pazienza.
Siamo abituati al tutto e subito, ma per crescere ci vuole pazienza.
Aver portato a casa un periodo formativo corposo, finalizzato all’obiettivo, è come costruire una “base sicura” per il proprio futuro.
Attenzione però alle finte gavette, che in realtà puntano solo allo sfruttamento becero della risorsa. In questi casi, meglio alzare la mano, parlare, se necessario cambiare aria (dove possibile). Come avrai capito, c’è in ballo il tuo futuro. E la tua dignità.
Se stai passando un periodo di forte stress, o sei confuso rispetto al tuo futuro (tanto da googlare e trovare i miei articoli) puoi parlarmene in un incontro online. Prenota un incontro.
Informazioni sull’autrice
Psicologa. Sono specializzata in benessere lavorativo e personale e il mio obiettivo professionale è quello di permettere alle persone di creare una vita a propria immagine e somiglianza. E quindi la propria realizzazione.